domenica 14 febbraio 2016

Marketing, scambio di valore e intangibili

Una delle premesse fondanti del marketing è che si scambia sempre valore e mai beni, servizi o denaro.
Il valore è per antonomasia un bene intangibile e quindi tale presupposto, dovrebbe porre questa disciplina in vantaggio, per lo meno concettuale, rispetto agli altri approcci nella risoluzione della difficoltà che le scienze gestionali riscontrano nel trattare gli intangible asset.
La soddisfazione della domanda e la generazione di profitto attraverso le vendite di beni e servizi è per il marketing una realtà molto più complessa di quanto possa apparire a prima vista.
La relazione fra le aziende ed il mondo esterno si basa su una intensa attività di scambio che interessa in particolar modo il suo mercato di riferimento.
Proprio lo scambio è infatti uno dei concetti chiave del marketing.
In estrema sintesi è il modo attraverso il quale un soggetto trasferisce ad un altro soggetto un bene o un servizio in cambio di un valore equivalente.
Affinché lo scambio abbia luogo, entrambi i soggetti interessati devono considerarlo conveniente ovvero devono pensare che cedendo quel bene, l’utilità del bene acquisito è maggiore di quella ceduta.
Si tratta quindi di una trasmissione di valore.
Uno scambio di successo è tale solamente se il valore scambiato consente ad ogni attore di ottenere quanto corrisponde alle sue aspettative più profonde.
Lo scambio quindi non è mai solamente economico, ma è un concetto molto più ampio che trova proprio nel trasferimento di valore la sua accezione più esaustiva.
Affinché quindi lo scambio possa considerarsi efficiente, è indispensabile conoscere con esattezza i controvalori ricercati dal proprio interlocutore, ovvero le sue aspettative.
Il successo di un’azienda è quindi strettamente connesso a una attività più complessa di quella che la teoria economica tradizionale ha ipotizzato.
La concezione secondo la quale il marketing sia uno strumento con il quale affrontare il mercato e al servizio delle scelte gestionali è estremamente riduttiva e fuorviante.
Direi che il marketing è più una cultura che un metodo e la sua utilità nasce da alcuni assiomi che ne definiscono intimamente l’identità.
Studiare la creazione di valore attraverso questa lente significa prima di tutto comprendere che il cliente cerca e acquista prodotti o servizi non in quanto tali, ma perché rappresentano soluzioni a suoi specifici bisogni.
Le soluzioni sono sempre transitorie e saranno facilmente rimpiazzate da altre considerate migliori o più efficaci per risolvere esigenze la cui durata è sistematicamente superiore a quella dei prodotti-servizi acquisiti.
Questo implica che se la gestione dell’impresa dovrebbe mirare ad assicurare una vita quanto più lunga possibile alla stessa, non può esimersi dall'essere impostata in funzione dei bisogni e non dei clienti.
Il soddisfacimento di un bisogno non è mai dettato da logiche funzionali e razionali, ma segue percorsi imprevedibili e quasi mai esclusivamente economici.
L’Homo Oeconomicus è un costrutto teorico che ha senso solo nell'ambito di modelli astratti.
La realtà è molto più complessa e la sfera emozionale riveste un ruolo di primo piano nella decisione all’acquisto.
La percezione soggettiva è un fatto oggettivo che deve essere trattato come tale nella creazione del valore: è il cliente che decide quali attributi dell’offerta siano importanti, la qualità della stessa e, cosa di assoluto rilievo, quali siano le alternative sul mercato con le quali confrontarla.
Un prodotto cosiddetto Green per esempio, potrebbe essere confrontato non solamente con un suo omologo non green o più o meno tale, ma anche con altri che si caratterizzano per la stessa vocazione ambientalista e adempiono a funzioni differenti.
I livelli sui quali si gioca la partita sono molteplici ed è compito delle imprese individuarli.
La soddisfazione di un cliente è strettamente correlata alla sua fidelizzazione che diventa in senso lato un capitale intangibile dell’azienda, nel senso che è una causa della profittabilità stessa della sua attività.
Ne deriva quindi che la capacità di soddisfare un cliente dovrebbe essere costantemente stimolata e monitorata.

Proprio il monitoraggio, da intendersi come comunicazione tra le parti, diviene elemento funzionale alla capacità competitiva di un’impresa e si può presumere che quanto più questa comunicazione sarà esente in futuro da malintesi, tanto più si affermerà come elemento chiave della capacità competitiva nel tempo di un’azienda. 


Per informazioni e contatti: 
Dott. Alessandro Grilli