venerdì 16 ottobre 2015

Spezzetta, riduci, semplifica...insomma atomizza!

Esiste un ulteriore fondamentale elemento chiave per riuscire nel cambiamento dello status quo. 

Se ne parla alla fine perché effettivamente in principio si da per scontato, ma arriva un momento nel quale il manager che deve rendere esecutiva una strategia di rottura, ha l'obbligo di affrontare la questione: la sfida strategica è superabile? 

Perché se i dipendenti dell'organizzazione sono motivati, voi avete creato i protocolli per poter eseguire il cambiamento, ma poi nessuno ritiene verosimile che quella sfida sia realmente fattibile, allora è molto poco probabile che il cambiamento avvenga. 

Il cambiamento mette sempre paura. Genera ansie che possono portare alla paralisi operativa fino ad arrivare a vere e proprie azioni di boicottaggio. 
Reazioni normalissime. Oserei dire che la paura sia anche auspicabile perché se non ci fosse, allora sareste circondati da scriteriati kamikaze. 
Il problema è che l'obiettivo deve essere, come dice il Prof. La Bella, un Grande Obiettivo Ambizioso Sfidante. 

Deve cioè essere sufficientemente grande e ambizioso da provocare, se adeguatamente gestito, l'entusiasmo iniziale necessario per partire.
Poi però deve essere soprattutto raggiungibile! 

Dopo l'entusiasmo iniziale, che comunque non è scontato e dipende dalla capacità di leadership e carisma del manager, si sprofonda in una crisi molto forte. 
I risultati tardano ad arrivare, prevale lo sconforto e iniziano a spuntare come funghi i maestri del "Ve lo avevo detto io". 

E' una fase critica e normalmente avviene quando si è più vicini al raggiungimento del risultato. 
Sfortunatamente in quel momento i discorsi motivazionali serviranno a ben poco. Sarà indispensabile che a monte, vi siate preoccupati di apportare gli argomenti più adeguati per far sì che i vostri colleghi credano, come voi, che quell'obbiettivo sia raggiungibile. 
Non facile da raggiungere, ma che la cosa sia fattibile. 

Per riuscirci, dovrete preoccuparvi di atomizzare la sfida in sfide più piccole che portino a risultati parziali positivi in tempi più brevi. 
La sfida diventerà allora onnicomprensiva e accessibile. 

Se per esempio sarete chiamati a trasformare un'azienda che opera principalmente in Italia, in un'organizzazione con una forte capacità operativa nei mercati esteri, vi converrà stabilire obiettivi parziali funzionali al processo finale. Scomporrete allora l'obiettivo in quello di efficienza ed efficacia operativa dei singoli uffici, nella individuazione di una manciata di mercati di interesse strategico, nella creazione di un protocollo snello in grado di adattarsi alle esigenze dei committenti esteri e così via....

Se invece vorrete realizzare una rivoluzione green della vostra azienda per rinnovare l'immagine che il mercato ha di voi, prima di fare grandi proclami lavorate su piccoli obiettivi interni.

Eliminate per esempio la carta, nei limiti del possibile, dai vostri uffici, utilizzate energia che provenga da fonti rinnovabili, limitate gli spostamenti in aereo del vostro personale, incoraggiate l'uso dei mezzi pubblici e delle biciclette, formate tutto il personale attraverso corsi sull'educazione ambientale e l'efficienza energetica e così via....

Insomma dovete spezzettare, ridurre e semplificare gli obiettivi più complessi, in parti più piccole. 
Queste, pur se complicate, saranno più facilmente raggiungibili creando quel rinforzo positivo, che voi vi preoccuperete sempre di esaltare, necessario per mantenere entusiasmo e fiducia nel risultato finale, sempre molto alti. 




Per informazioni e contatti: 

Dott. Alessandro Grilli 


giovedì 15 ottobre 2015

La motivazione: un ingrediente fondamentale per il cambiamento in un'organizzazione.

C'è una grossa differenza tra l'aver capito che c'è l'impellente bisogno di fare qualcosa e volerlo fare per davvero.

Per poter riuscire bene nell'operazione di traghettare un'azienda verso una strategia di rottura con conseguente cambiamento dello Status Quo, è necessario un ulteriore ingrediente rispetto a quelli già studiati negli articoli precedenti: la motivazione.

Come già abbiamo avuto modo di vedere negli articoli precedenti, il manager normalmente cerca di far arrivare in ogni angolo dell'azienda, i suoi propositi di cambiamento. Lo fa con riunioni, conferenze e circolari interne. 

I messaggi di questo tipo hanno sempre una scarsa efficacia perché il loro peso si diluisce proporzionalmente al numero di persone al quale sono rivolti.

Anche in questo caso, per far nascere nei propri colleghi la motivazione necessaria al cambiamento dello status quo, è necessario concentrare la propria azione piuttosto che disperdere i propri sforzi in così tante direzioni. 

Il manager deve individuare i leader naturali dell'organizzazione.: coloro i quali esercitano un'influenza sugli altri. 
A volte sono anche quelle risorse che per operare in un settore particolare, hanno la capacità operativa di bloccare o sbloccare risorse. 

Fortunatamente queste figure sono molto poche. Per cui è relativamente facile individuarle, a patto chiaramente che il manager dedichi il tempo necessario a studiare la situazione prima di agire. 

Affinché però l'attenzione del manager su questi leader sortisca un effetto positivo per la causa, è importante che tutti i riflettori siano puntati su di loro e che la loro azione, sia conosciuta da tutti

Questo può significare ad esempio organizzare riunioni periodiche (Ogni due settimane) per discutere dei risultati di ognuno, evidenziarne le difficoltà oggettive, far vedere i progressi e perché no, mettere in luce le mancanze di chi non si sta impegnando a dovere. 

E' importante che durante queste riunioni, ognuno abbia la possibilità e il dovere di spiegare dettagliatamente cosa ha fatto e perché lo ha fatto. Automaticamente la mancanza di risultati, non giustificabili da nessun impedimento oggettivo, sarà annientata dal confronto impietoso con gli altri. 

L'allineamento sarà verso l'alto e il manager si preoccuperà di rafforzare positivamente i comportamenti migliori, lasciando al gruppo, il compito di gettare un'ombra su chi non si sta impegnando come dovrebbe per il cambiamento dello status quo. 

Rendere tutto così trasparente, ha il grande vantaggio di evitare anche i comportamenti scorretti di chi, a fronte di un fallimento, potrebbe cercare di insabbiare in qualche modo la sua mancanza. 
Saranno i suoi colleghi stessi a reagire alla scorrettezza, evitandovi così di dover seminare il dubbio e il sospetto. 

Mi raccomando però, una volta definita una linea, siate pazienti e soprattutto coerenti con quella. Nessun cambiamento è dall'oggi al domani. 

Il lavoro del manager dovrà essere proprio quello: stabilire delle regole chiare di gioco. Se i parametri per la valutazione sono troppo soggettivi, allora il risultato non arriverà. 
Tutti devono sapere per cosa saranno ricompensati e per cosa invece saranno biasimati. 
Solo le regole chiare, potranno rendere tutto il processo naturale, sollevandovi tra le altre cose, da una importante mole di lavoro gestionale che in questo caso invece sarà automatico e diffuso. 

Se il protocollo sarà ben definito e sarà seguito con attenzione, allora quegli stessi leader lo adotteranno con le persone che devono dirigere e, proprio come un'epidemia, si estenderà a tutta l'organizzazione senza grandi sforzi. 

Nel prossimo articolo vedremo l'importanza di spezzettare in parti più piccole il cambiamento. 


Per informazioni e contatti:
Dott. Alessandro Grilli 
Green Marketing & Sales

sabato 3 ottobre 2015

Quando la riuscita di una strategia aziendale dipende dalle risorse

Questo articolo prosegue l'analisi su come traghettare un'azienda verso strategie di rottura. 

Quando il manager è riuscito a convincere più o meno tutto il suo staff dell'esigenza di intraprendere il cambiamento che è stato chiamato a guidare, subentra un altro tipo di problema: quello legato alla disponibilità delle risorse. 

Che si tratti di una strategia di Green Marketing, di Corporate social responsibility, di apertura nuovi mercati o di esportazioni, il problema non è di poco conto. 

Esiste la generale convinzione che quanto più la strategia sia di rottura, quanto maggiori saranno le risorse necessarie per affrontarla. 

Problema di assoluta rilevanza soprattutto se si considera, che troppo spesso sfortunatamente, il board aziendale potrebbe non essere pienamente cosciente dello sforzo che perseguire questa strategia, potrebbe significare. 

Al manager così non rimangono che due scelte: la prima è quella di ridimensionare gli obiettivi, rigettando così tutta la squadra, ora finalmente entusiasta, nello sconforto più totale. Oppure quella di iniziare una disperata di ricerca di risorse bussando alle porte di banche ed azionisti: una metodologia lunga e dispendiosa. I cui risultati sono oggi tutt'altro che certi. 

In realtà vorrei aiutarvi a capire che questo assioma, potrebbe non essere vero.

Anche in questo caso, basterà concentrarsi sull'esistente per cercare di ottimizzare le energie e ridurre così le risorse necessarie

L'idea è quella di moltiplicare il valore delle risorse già a disposizione. 
Vediamo insieme come. 

E' necessario concentrarsi su quelli che Chan Kim e Mouburgne chiamano i punti caldi.

I punti caldi sono quelle attività che richiedono poche risorse, ma che hanno un elevatissimo potenziale a livello di performance.

Per individuarli si deve specularmente riuscire ad identificare quelli freddi, ovvero le attività che richiedono molte risorse e danno scarsi risultati.

Infine è necessario concentrarsi su quelle risorse che potrebbero risultare in eccesso in un'area aziendale, per trasferirle e così colmare le lacune della propria. 

Capite quindi come prima di procedere nell'applicazione di qualsiasi strategia innovativa, sia di fondamentale importanza dedicare tutto il tempo necessario ad identificare quelle attività con il più alto potenziale, evitando così di avviare una disperata ricerca di risorse, probabilmente non necessarie. 



Per informazioni e contatti: 
Dott. Alessandro Grilli 



giovedì 1 ottobre 2015

Se volete che vi seguano nel cambiamento, fategli vivere l'esigenza del cambiamento

Quando un'organizzazione si prefigge di raggiungere un obiettivo, normalmente chiama un manager a guidare questo processo. 

E' una prassi consolidata, per il responsabile di turno, operare come segue: definisce un obiettivo numerico (Fatturato, numero di mercati, appalti vinti, clienti conquistati...) e dopo aver spiegato quanto è importante per l'azienda arrivarci, le uniche due alternative che ammetterà sono due: raggiungere quell'obiettivo oppure superarlo. 

I numeri si sa non mentono, ma chi li presenta può farlo. 
Possono essere manipolati e si finisce così per instaurare in azienda l'adozione di pratiche poco ortodosse nella stesura dei budget. Tanto predittivi, quanto consuntivi. 

Il rischio, in quest'ansia da prestazione numerica, è quello di dar luogo a un clima di reciproco sospetto che chiaramente non può che far male, e molto, all'organizzazione stessa. 

Anche quando non c'è la voglia di imbrogliare, rimane comunque il fatto che in strategie di rottura o molto complesse, l'analisi basata sui soli numeri, può essere molto fuorviante. 

Per superare l'ostacolo cognitivo, i manager più illuminati, devono lasciar perdere i numeri e far toccare con mano la dura realtà alle persone che dovranno accompagnarli nel processo di cambiamento. 

I numeri sono asettici. Si dimenticano facilmente. Le persone invece si ricordano molto di più ciò che vedono e sperimentano personalmente. 

Come possiamo convincere qualcuno a seguirci a suon di bilanci, budget e percentuali? 

Chi è chiamato a guidare questi cambiamenti deve condurre le persone a sentire nel profondo, la necessità del cambiamento. 
Il processo deve essere spontaneo. Non indotto. 
Solo in questo modo si può sperare in un rapido e contagioso cambiamento di mentalità. 

Va fatto con i dipendenti, con i colleghi di pari rango e con i superiori. 
L'errore che molti manager commettono, è quello di parlare solo delle proprie capacità operative senza invece soffermarsi sul problema reale per il quale si è lì. 

Se dovrete far capire alla vostra squadra quanto può essere lungo, difficile e, soprattutto, necessario un percorso di internazionalizzazione, per esempio, non dovrete raccontargli il fatturato al quale aspirate, ma portarli a vedere aziende che per non aver intrapreso questo percorso, o non averlo fatto con le giuste risorse e la corretta consapevolezza dei tempi necessari, sono fallite miseramente. 

La strategia del punto critico di Chan Kim e Mauburgne, ci dice proprio questo: se volete che vi seguano, fategli vivere l'esigenza del cambiamento. 
Non basta raccontargliela. 

Nel Green Marketing, ma più in generale più la strategia è di rottura, più questa interviene nel cambio di Status quo, più allora sarà necessario riuscire in questa operazione, per non ritrovarsi più avanti con ostacoli interni che potrebbero minare il successo dell'operazione. 





Per informazioni e contatti: 
Alessandro Grilli