venerdì 10 febbraio 2017

Come può un professionista diventare più resiliente?

Da sempre siamo stati abituati a pensare che i vincitori siano i più forti.
A vincere però non è mai il più forte, ma il più flessibile.

Vince chi ha a disposizione più strumenti e sa usarli al meglio. In natura questo meccanismo si chiama resilienza ed indica la capacità di un sistema di diventare flessibile per adattarsi con successo al cambiamento e poter sopravvivere.


L’unico modo che un professionista ha per essere più flessibile è quello di studiare, frequentare corsi, fare pratica delle tecniche acquisite e migliorare le proprie strategie sulla base dei feedback che riceve.

Che siate fundraiser, tecnici, ingegneri, agenti di commercio, artigiani, imprenditori o impiegati, qualunque sia la vostra professione, per aver successo non dovete mai smettere di studiare.

Per capire meglio questo concetto vorrei raccontarvi il risultato di una ricerca che può aiutarci a capire.  

Secondo molti storici, la parola “Blu” non è esistita in molte culture antiche.
Jules Davidoff condusse un esperimento per dimostrare l’ipotesi secondo cui le culture che non avevano una parola per definire questo colore, non erano in grado di vederlo.
Si recò in Namibia e fece degli esperimenti con la tribù Himba, che ancora oggi non ha una parola per il colore blu e non è in grado di distinguerlo dal colore verde.

L’esperimento consisteva nel mostrare ai membri della tribù, un’immagine con dodici quadrati di cui undici verdi e uno blu. Nessuno fu in grado di vedere il quadrato blu. Semplicemente per loro non esisteva nessuna differenza tra i dodici quadrati.


La stessa tribù ha però molte parole per identificare differenti tipi di verde. Differenze impercettibili per la nostra cultura.
Se si mostrava loro la stessa immagine con un quadrato di un color verde differente rispetto agli altri, questi riuscivano a vederlo immediatamente.

Inutile dire che un europeo, non ci vedeva alcuna differenza.
Questo esperimento dimostrò che, pur non esistendo alcun tipo di impedimento fisico, l’assenza di un termine per identificare un colore differente, lo rende invisibile, almeno in modo consapevole.

Generalizzando, potremmo affermare che la non conoscenza di un elemento o di qualcosa, rende la stessa invisibile. Quindi a tutti gli effetti inesistente.

Se pertanto dovete presentare un progetto o una proposta a qualcuno che non ha i vostri “occhi”, sarà inutile che gli parliate con un linguaggio che egli non è in grado di comprendere.

Senza le specifiche conoscenze, “non comprendere” non significa soltanto non capire cosa gli state proponendo (Non si tratta certo di essere o no intelligenti!), ma implica che l’interlocutore debba fare un vero e proprio atto di fede verso qualcosa, a vostro dire molto valido, ma che per lui/lei semplicemente non esiste.

Si tratta di un’impresa ardua come quella di spiegare il blu a qualcuno che non sa cosa sia.

La conoscenza permette di vedere quello che altri non vedono e quindi di poter formulare proposte, ideare progetti, mettere a punto strategie innovative e quindi potenzialmente di grande successo.

Studiare e imparare sempre cose nuove deve servire anche per aiutare i vostri interlocutori a “vedere” nei modi e attraverso gli strumenti di cui essi dispongono.
Si può essere dei geni, vedere quello che gli altri ancora non sono in grado di vedere, ma se non saprete condividere le vostre visioni con i vostri interlocutori è molto probabile che vi frustrerete e fallirete.

Non sono i nostri interlocutori a non capire.
Siamo noi che non sappiamo mostragli quello che per noi è invece chiarissimo.
Se vediamo, dobbiamo imparare a far vedere.

Leggevo tempo fa un esempio su un articolo che recitava: se un idraulico ricevesse una chiamata per una riparazione urgente, come dovrebbe presentarsi dal cliente?
Soltanto con un giratubi, sperando che sia proprio quello l’attrezzo di cui avrà bisogno, o sarà meglio portare dietro una cassetta degli attrezzi ben fornita dalla quale estrarre l’attrezzo più idoneo al caso?
La stessa identica cosa serve a ogni professionista per aver successo: se hai a disposizione pochi strumenti, non puoi far altro che sperare che il tuo interlocutore abbia i mezzi per comprendere quello che proponi o che lo scenario nel quale operi sia quello che tu puoi capire.

Se disponi di più strumenti, sarà invece più facile “aprire gli occhi”.
Solo così chi ti circonda sceglierà consapevolmente di sposare le tue iniziative innovative e seguirti nei tuoi ambiziosi progetti.
Il mercato ci chiede di essere i migliori professionisti anche in questo.

Imparare costantemente cose nuove, significa quindi vedere e far vedere.
La resilienza nasce quindi dalla diponibilità di strumenti che ci danno la possibilità di agire in modo differente, innovativo e opportuno a seconda del contesto nel quale operiamo.
Avere successo non è mai il fine.
E’ semmai una conseguenza della nostra capacità resiliente.



Alessandro Grilli