lunedì 31 agosto 2015

Strategia 2 per avere successo nella Green Economy. TRASPARENZA

Oggi è arrivato il turno della seconda delle 5 strategie che stiamo discutendo in questi giorni per la messa a punto di un piano marketing Green efficace. 

Oggi parliamo dell'importanza della trasparenza. 

Come già ho accennato nei due articoli precedenti, il rapporto con i clienti green è basato su una profonda fiducia che non può essere tradita. 

Come tutti sappiamo, la fiducia non la si ha a prescindere, ma dobbiamo guadagnarcela giorno dopo giorno. 

Rimando a un ulteriore articolo di questo blog dal titolo "La fiducia è la chiave del marketing" per ulteriori approfondimenti sul tema. 

Ora vorrei invece vedere con voi come la fiducia si manifesta nel caso particolare del Green Marketing

Beh proprio per la complessità delle informazioni e per la necessità di formare costantemente la propria clientela, uno degli ingredienti fondamentali per la creazione della fiducia nella Green Economy è la TRASPARENZA.

Cosa significa essere trasparenti in particolar modo per un'azienda che voglia eccellere in questo settore?

1 Lasciare libero accesso ai clienti a tutti i dettagli di produzione e alle prassi aziendali, preoccupandosi di informarli di ogni cambiamento con la massima chiarezza. 

2 Strutturarsi al fine di rispettare determinati standard operativi quali ad esempio le certificazioni ISO (Rilasciate da enti di primissimo livello mi raccomando!), così da garantire i clienti su determinati standard operativi. 

3 Non accettare compromessi nel tipo di rapporto fiduciario che volete stabilire con i vostri clienti: dovrete essere radicali (Del tipo o tutto o niente) nell'applicare le logiche di trasparenza al processo produttivo, distributivo e promozionale della vostra azienda. 

4 Dare tanto le buone notizie come le cattive. Se c'è un rapporto di fiducia non è possibile cercare di nascondere quello che non va. Meglio rivelarlo subito piuttosto che insinuare il dubbio nei clienti che esistano segreti tra voi e loro. 
Quando lo fate chiaramente accompagnatelo da un piano per rimediare.  Un piano che sapete che potrete mettere in atto. 


Nel prossimo articolo parleremo della terza delle cinque strategie Green Marketing: LE CERTIFICAZIONI. 



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Alessandro Grilli 

sabato 29 agosto 2015

Strategia 1 per avere successo nella Green Economy. SIATE COERENTI!


Questa è la prima delle 5 strategie che vi presenterò per mettere a punto un piano Green Marketing di successo e che vi metta il più possibile al riparo da accuse di Green Washing.

Diciamo pure che la COERENZA è alla base di qualsiasi strategia marketing efficace, ma nel nostro settore, la cosa è ancora più rilevante perché un'azienda che si compromette a produrre, distribuire e pubblicizzare prodotti Green ha bisogno di ispirare veramente tanta fiducia nei consumatori e proprio non li può tradire.

Le aziende che vogliono eccellere nella green economy devono:

1 Avere un corpo direttivo (Amministratore, Presidente e via dicendo) che rifletta nel suo modo di pensare e soprattutto di agire la filosofia Green che l'azienda adotta. 
Il board deve essere visibilmente impegnato e farsi carico di rappresentare un sistema di valori intorno al quale tutta la struttura aziendale deve trovare la propria ragione di esistere.
Sarà la sua coerenza a dare credibilità agli obiettivi generando nei colleghi, nei dipendenti, negli stakeholder e nei clienti, la percezione di far parte, tutti, di un grande progetto rivoluzionario. 

2  Dare potere ai propri dipendenti formandoli sulle questioni ambientali, della green economy e del risparmio energetico. 
La base aziendale deve essere orgogliosa di far parte di un progetto Green, ma deve anche avere tutti gli strumenti per capirne l'essenza in profondità e farsi a sua volta promotrice di pratiche virtuose all'esterno delle mura aziendali. 

3 Realizzare campagne Soft-Sell al posto di campagne pubblicitarie aggressive. Lo scopo di queste campagne sarà quello di comunicare i propri valori, la propria storia e di far sí che i clienti si riconoscano in quel sistema. 
L'idea è quella di stabilire dei collegamenti emotivi la cui forza è di gran lunga maggiore rispetto al semplice desiderio di acquisto. 

4 Ridefinire il mercato scommettendo su standard qualitativi più alti dei requisiti di legge al fine di ottenere una leadership facilmente riconoscibile dagli investitori. 

5 Assicurarsi che le quattro "P" del marketing siano tutte Green. Per esempio è meglio evitare supporti cartacei per la pubblicità a favore dei mezzi di comunicazione 2.0. 
Così come si dovrà fare attenzione a realizzare un packaging interamente riciclabile e che provenga esclusivamente da fonti certificate. 
Infine sarà importante ottimizzare la distribuzione dei prodotti al fine di evitare sprechi e sarà lodevole se i mezzi utilizzeranno fonti di energia sostenibile. 

Nel prossimo articolo vedremo insieme la seconda strategia necessaria per avere successo nella Green Economy: LA TRASPARENZA



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giovedì 27 agosto 2015

5 strategie per avere successo nella Green Economy

E' sempre più evidente a tutti che le persone hanno bisogno di prodotti sani, non dannosi per la salute e rispettosi dell'ambiente. 

Il fascino che queste qualità esercitano sulle persone è enorme e continua a crescere. 

Ha inoltre la caratteristica di attraversare tutta la società in modo trasversale: lo scarto tra target differenti per capacità di acquisto e livello socioculturale si assottiglia. 

Elementi che chiaramente continuano ad incidere molto al momento di decidere cosa acquistare, ma il loro peso in questo settore è ridotto.

Questo succede perché lì dove è il portafogli che pesa nella scelta, i prodotti più green possono soddisfare comunque la domanda presentandosi come prodotti più economici di altri.

Insomma un mercato che promette bene. Benissimo anzi. 
Ma c'è una minaccia che mina pesantemente questa rivoluzione dei consumi: il greenwashing.

Ho già affrontato il tema del GreenWashing in altri post che vi invito a leggere, ma per farla breve, basta ricordare che con questo termine si indicano quelle pratiche scorrette di professionisti e/o aziende che si "Danno una mano di verde": invece di effettuare una vera rivoluzione green, si propongono come tali solo per attirare quella fetta di mercato sensibile a questi temi.

Proprio nel mio ruolo di consulente in Green Marketing credo che fare greenwashing sia una bomba ad orologeria per l'immagine e per le casse di quell'azienda che commette un errore del genere. 

La possibilità di confondere in consumatori green d'altronde è molto alta: l'evoluzione tecnologica del settore corre a ritmi difficili da sostenere anche per gli addetti ai lavori.
Inoltre le questioni green sono quasi sempre molto tecniche per cui non proprio facilmente comprensibili a tutti. 

Quando le affermazioni sono poco chiare e contraddittorie, il pericolo che l'azienda (E il consulente green marketing!) siano etichettati come Green washers è molto alto. 

L'azienda rischia di farsi un autogol pazzesco.
E il marketer può iniziare a pensare di cambiare lavoro. 

I clienti delusi dell'azienda traditrice e menzognera, sposteranno i loro acquisti verso prodotti sostituti con danni a volte irreversibili per le casse aziendali. 
A tutto questo non dimentichiamoci tutti i problemi legali che una pubblicità ingannevole potrebbe arrecare. 

Insomma, anche per motivi squisitamente tecnici, meglio evitare il greenwashing. 
Ma come fare? 

Qui di seguito propongo alcune strategie, riportate da diversi autori, che è bene seguire per evitare il più possibile un errore del genere.

Formule che vi risulteranno indispensabili se vorrete che la vostra strategia di green marketing sia realmente una strategia di successo economico e imprenditoriale. 

Le cinque strategie per avere successo nella Green Economy sono: 

1: Coerenza a tutti i livelli
2: Trasparenza cristallina
3: Certificazioni da soggetti esterni
4: Informare e formare i consumatori
5: Messaggi semplici, a portata dei clienti

Nei prossimi giorni dedicherò un post specifico ad ognuna di queste strategie così da approfondirne tutti i principali aspetti. 

Vorrei peò sottolineare da subito che per realizzare un'efficace strategia di Green Marketing, TUTTE e 5 le strategie devono essere affrontate contemporaneamente.
Chiaramente se proprio non sapete da dove iniziare, allora fatelo con una sola, ma poi cercate di integrare con le altre il prima possibile.

Buona lettura. E come sempre buon lavoro a tutti! 




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martedì 25 agosto 2015

Conclusioni a "Come parlare in pubblico con successo"

Siamo giunti alla fine del nostro breve percorso su "Come parlare in pubblico con successo". 

E' quindi arrivato il momento di spiegarvi come capire se la vostra presentazione è andata bene. 

Fare un'analisi con gli strumenti adeguati è indispensabile per correggere gli errori e cercare di essere ancora più performanti alla prossima occasione. 

Prima di tutto ricordiamoci qual'è l'obiettivo della vostra comunicazione: far cambiare atteggiamento al proprio pubblico e portarlo ad agire coerentemente con la nuova idea che avrete saputo condividere. 

Quindi una presentazione si dirà perfettamente riuscita quando vi consente di raggiungere i vostri obiettivi: l'obiettivo non è FARE UNA BELLA PRESENTAZIONE altrimenti ci ritroveremmo nel famoso caso di "Operazione perfettamente riuscita! Paziente morto.". 

Una presentazione ineccepibile, ma sterile, non è preferibile ad una imperfetta che però ottiene quello che si era prefissa

Un primo segnale di successo lo potrete individuare nel grado di attenzione che le persone hanno dimostrato mentre parlavate. 
L'interesse può manifestarsi in diversi modi: un pubblico che ascolta in silenzio tutto il tempo, non è detto che lo faccia perché interessato a quello che dite. Generalmente il dibattito, le domande e le osservazioni sono segnali più significativi di un ottimo livello di attenzione e interesse. 

Infine vi voglio lasciare con qualche dato che a mio avviso è molto significativo e che se lo farete vostro, probabilmente vi aiuterà a trasformare le vostre presentazioni in reali messaggi persuasivi. 

Dato un obiettivo è chiaro che la vostra intenzione è quella di trasmettere il 100% di tutto il messaggio che volete far passare. 
Sappiate che non è possibile. 
I motivi sono vari e non sto qui ad analizzarli, ma è importante essere coscienti che anche nelle migliori presentazioni, quello che effettivamente riuscirete a comunicare è il 70% del messaggio che vi eravate proposti. 
Al vostro pubblico arriva solamente il 50% delle informazioni che avete dato. 
E non tutte queste informazioni saranno comprese fino in fondo. Solo il 20% di tutto quello che dite, sarà infatti veramente capito dal vostro pubblico. 
E non finisce qui. 
Per ultimo c'è la memoria che non aiuta: delle 100 informazioni che volevate far passare, solamente il 10% sarà ricordato dal vostro pubblico. 

Lo ripeto: solamente il 10% di tutti i messaggi che trasmettete è ricordato dal vostro pubblico. 

Date queste premesse, il mio consiglio per sapere se la vostra presentazione è andata bene, è quello di accertarvi durante e alla fine del vostro discorso, che quel 10% di informazioni memorizzate coincida con l'obiettivo che vi eravate dati. 

Per questo è importante, sapendo che il 90% di quello che dite non serve a nulla, ritornare più e più volte sull'obiettivo della vostra presentazione. 
Ripetetevi, riassumetelo, riportatelo più volte sulle slide e cercate di coinvolgere il vostro pubblico proprio su quel 10% che anche a voi interessa. 

Per salutarvi vi lascio con una battuta di Mark Twain che riassume molto bene anche il mio pensiero su cosa è necessario per parlare in pubblico con successo: 

"Solitamente mi ci vogliono tre settimane per preparare un buon discorso improvvisato".

Se vi rimane qualche dubbio, oltre a rimandarvi a futuri post, vi invito a scrivermi. Cercherò di aiutarvi come meglio posso. 

Buon lavoro a tutti allora e buone presentazioni!

Per informazioni e contatti
Alessandro Grilli 

domenica 23 agosto 2015

Cosa direbbe Einstein della rivoluzione Green?

Sto leggendo un libro molto bello che mi ha regalato mia moglie sul pensiero di Einstein. 

Mi chiedevo cosa direbbe lui se dovesse opinare sul cambiamento epocale che la nostra generazione deve affrontare se vuole salvare il mondo. 

Come ho avuto più volte modo di ripetere in altri articoli di questo blog, la sfida è grande e ogni strumento che possa aiutare sarà il benvenuto. 

Il mondo è in crisi: è in crisi il sistema produttivo, sono in crisi i valori legati alla società consumista e capitalista, è in crisi il il nostro pianeta.
Le persone sono sempre meno felici. Lo sanno quasi tutti. Ma alcuni cercano di ignorare la cosa e tirano dritto. 

La rivoluzione Green ha un compito epocale, di questa cosa ne sono sempre più convinto. 
E la sua più grande difficoltà è che lotta per prevenire problemi solo scarsamente percepiti. 
Fare la rivoluzione contro un governo oppressore forse è più comprensibile: diritti limitati, prigionia, violenza e morte sono fatti che sconvolgono direttamente e  subito la vita di ognuno. 
Sentire il bisogno di ribellarsi si manifesterà più facilmente. 

Ma nel caso della lotta per un mondo più sano , il nemico siamo noi. 
Einstein stesso diceva che non possiamo risolvere i problemi con lo stesso pensiero con il quale li abbiamo creati. 
E' come chiedere a un dittatore di fare la rivoluzione contro se stesso. 
Bel problema. 

Per come la vedo io allora, il Green Marketing deve essere uno strumento che favorisca la formazione delle persone che dovranno così essere preparate e critiche. 
Certo non può essere il solo strumento ed è necessario l'intervento di tutti: amministrazioni, cittadini, associazioni, imprese ecc. 

Non scoraggiamoci pensando a come raggiungere la perfezione. 
Piuttosto godiamo dei progressi anche piccoli che l'umanità tutta sta facendo pur nella consapevolezza che c'è ancora tantissimo da fare. 

Tornando a Einstein, lui sapeva cosa voleva dire credere in un progetto. 
Se andate a leggere la sua biografia vedrete che non sempre ha avuto vita facile. 
Eppure ha resistito. E' andato avanti e ha cambiato il mondo

Tra tutti i suoi pensieri, uno in particolare mi sembra azzeccato per aiutarci nei tempi che corrono. 
Ed è il seguente: 

Non pretendiamo che le cose cambino se agiamo sempre allo stesso modo. 
La crisi è la migliore benedizione che possa capitare alle persone e ai Paesi, perché la crisi porta con sé il progresso. 
La creatività nasce dall'angoscia, così come il sole nasce dalla notte oscura. 
Nei periodi di crisi si sviluppano l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. 
Chi supera la crisi, supera se stesso senza essere superato. 
Chi attribuisci alla crisi i suoi insuccessi e la sua povertà disprezza il suo talento e rispetta di più i problemi che le soluzioni. 
La crisi vera è la crisi dell'incompetenza. 
Il problema delle persone è la pigrizia nel trovare vie d'uscita e soluzioni. 
Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita diventa routine, una lenta agonia. 
Sono le crisi che fanno affiorare il meglio da ognuno di noi, perché senza crisi "Il vento è una carezza". 
Parlare di una crisi significa promuoverla, non parlarne durante una crisi significa esaltare il conformismo. 
Invece di fare questo lavoriamo duramente. 
Mettiamo fine all'unica crisi che è davvero una minaccia per tutti: LA TRAGEDIA DI NON VOLER LOTTARE PER SUPERARLA. 

C'è molto da fare. Buon lavoro a tutti. 






Per informazioni e contatti: 
Alessandro Grilli 

venerdì 21 agosto 2015

Quinta parte di "Come parlare in pubblico con successo"

Come vi avevo preannunciato, oggi vorrei parlarvi dell'importanza di saper ascoltare e gestire le obiezioni. Elementi indispensabili per poter parlare in pubblico con successo. 

C'è un pensiero di Churchill che mi sembra più che mai calzante: 

"Il coraggio è ciò che serve per alzarsi e prendere la parola. Coraggio è anche ciò che serve per sedersi ad ascoltare."

In effetti saper ascoltare è tutt'altro che ovvio. Lo è nella vita quotidiana. Figuriamoci quando dobbiamo parlare davanti a più persone, per di più convinti che quello che stiamo dicendo sia assolutamente giusto. 

Anche in questo caso bisogna preparasi a fare bene, perché una comunicazione a senso unico non è una comunicazione. Per esserlo serve la partecipazione attiva di chi ascolta. 

Come sicuramente saprete Ascoltare è ben diverso da Sentire: implica la volontà di farlo, uno sforzo attivo per riuscirci. Non si ascolta involontariamente. 

Ascoltare, ovvero comprendere a fondo cosa gli altri pensano e i sentimenti che stanno provando, è un elemento fondamentale per costruire la fiducia necessaria a far sì che il discorso che stiamo proferendo, si trasformi nei nostri ascoltatori, in azioni consapevoli. 

E' necessario cioè raggiungere un rapporto profondamente empatico con i nostri interlocutori. 

Come ho detto prima, la cosa non è facile

  • Prima di tutto perché, diciamoci la verità, non abbiamo tanta voglia di stare a sentire cosa hanno da dire. 
  • Spesso non abbiamo troppo tempo per far parlare tutti. 
  • Poi nel momento stesso in cui ci soffermiamo ad ascoltarli, dentro di noi si mette in moto tutto un mondo di emozioni che con forza vorrebbe intervenire per difendere il nostro pensiero. 
  • Infine siamo così concentrati sull'obiettivo della nostra presentazione che sentiamo come un vero fastidio qualsiasi interruzione. 

E' così non c'è altro da dire. Almeno alla partenza. 
Ma se riuscirete a lavorare bene ed arriverete a saper ascoltare veramente i vostri interlocutori, allora vi accorgerete che la vostra crescita professionale e umana sarà esponenziale

Perché dico Ascoltare veramente? Beh perché ci sono un sacco di modi di ascoltare in modo parziale che apparentemente sembrano corretti, ma che non portano ai risultati sperati. 

  1. C'è l'Ascolto in attesa: ci si interrompe per far parlare il nostro interlocutore, ma non si vede l'ora di riprendere il proprio discorso. Spesso si finisce per parlargli sopra e interromperlo. 
  2. C'è l'Ascolto presuntuoso: so già dove l'interlocutore vuole arrivare, per cui di nuovo lo interrompo. 
  3. Poi c'è quello selettivo: ascolto solo quello che voglio sentire. 
  4. Infine c'è l'ascolto rituale: tipico di chi sa che è importante star li ad ascoltare, ma in realtà non lo fa veramente. Pensa ad altro e perde l'opportunità di capire cosa l'interlocutore avrebbe voluto veramente dire. 

Sicuramente vi siete riconosciuti in uno di questi profili vero? Ottimo. Sapete da dove iniziare a lavorare. 

Vediamo come fare per favorire l'ascolto e dare dimostrazione del fatto che siete veramente interessati a quello che i vostri interlocutori hanno da dire.

  1. Prima di tutto incoraggiate il vostro pubblico a intervenire: dite chiaramente che volete sapere cosa ne pensa. 
  2. Poi fate domande e cercate di stimolare il dibattito tra tutti. 
  3. Ascoltate con tutto il corpo: comunicate fisicamente che state ascoltando. Usate gesti, avvicinatevi...
  4. Infine fate dei riassunti di quanto detto dai vostri interlocutori per esser certi che voi e tutti i presenti abbiate ben compreso il messaggio. 

A forza di stimolare il dibattito e gli interventi, non tarderanno ad arrivare critiche, dubbi e perplessità
Certo non sono elementi che renderanno la vostra presentazione più semplice. 
Ma è preferibile che questi dubbi vengano fuori in vostra presenza e che sappiate come gestirli, piuttosto che emergano a presentazione finita, senza di voi oppure che alla prima domanda andiate in tilt. 

Le obiezioni vanno gestite sempre, per cui non esiste la possibilità che ad una obiezione non venga data una risposta. 
Al massimo si può scegliere di dare una risposta alla fine del discorso a quelle domande che ci farebbero sviare troppo dal ragionamento o per le quali avete bisogno di rifletterci un po' su. 
Ma sappiate che quella persona alla quale spiegate che risponderete più tardi, poi potrebbe distrarsi un po' quindi valutate bene se è il caso di farlo. 

Un modo molto valido per gestire le obiezioni è quello di anticiparle. 
Non è semplice, ma è una abilità che si acquisisce con il tempo e che richiede una grande capacità di ascolto ed empatia. 
Si tratta di prevenire l'obiezione e dare una risposta alla domanda prima che essa possa essere formulata. Una persona che ha una perplessità in genere prima di parlare lo manifesta con espressioni, borbottii e altri atteggiamenti simili. 
Cercate di capire il perché e date una risposta prima che venga fatta la domanda. 

Poi ci sono le obiezioni frequenti, che vanno dal Chi sei? al Perché dovrei ascoltarti? passando per dubbi che emergono sempre che fate quel tipo di presentazione. 
Allora è il caso di inserire le risposte nel discorso che fate.

Quello che è certo è che non potete commettere gli errori che seguono

  • Sminuire l'importanza di quello che è stato detto dal vostro interlocutore
  • Opporsi in modo deciso all'obiezione
  • Dare una risposta vaga o incompleta
  • Dare una risposta pur non sapendo bene cosa si sta dicendo per paura di essere presi per incompetenti. 
  • Trasformare la presentazione in un dialogo a due. 

Per concludere vi ricordo che l'importante è che siate onesti con voi stessi e con il vostro pubblico. 
Un atteggiamento che premia sempre. 

Concludo con una frase che un mio caro amico mi ha detto una volta: "Non ci sono domande stupide. Esistono solo risposte stupide!"

Buon lavoro a tutti. 



Per informazioni e contatti
Alessandro Grilli 


mercoledì 19 agosto 2015

Chi è e come si diventa consulente energetico

Sarà perché le bollette sono sempre più care o forse perché negli ultimi anni tra incentivi alle ristrutturazioni e incentivi per impianti di produzione di energia, se ne è sentito parlare molto, fatto sta che la figura del consulente energetico è sempre più sulla bocca di tutti

Anche di coloro che non ne hanno il titolo e credono che lavorare nel settore green basti a renderli tali. 

Facciamo oggi un po' di chiarezza su chi è il consulente energetico e come si guadagna questo titolo

C'è da dire che le tecnologie per il risparmio energetico stanno aumentando a livello esponenziale e anche per i più esperti non è facile essere sempre aggiornati su tutto. 

Per cui è normale che la questione vi faccia sentire confusi

Un buon consulente energetico è difatti un tecnico altamente specializzato, capace di districarsi tra tutta la burocrazia e di proporvi la miglior soluzione integrata tra tutte quelle disponibili sul mercato. 

Capite quindi che non è possibile improvvisarsi tali ed è bene affidarsi a chi può certificare la propria preparazione ed esperienza. 

L'intervento tecnico di un consulente energetico varia molto chiaramente a seconda della situazione che si trova ad affrontare: non è la stessa cosa progettare un immobile ex-novo, realizzare una ristrutturazione, proporre un impianto alternativo oppure ottimizzare i consumi di un'azienda.

Di base si tratta di un libero professionista che può intervenire da solo o, più frequentemente, in collaborazione con altri professionisti e aziende che a suo criterio rispondono ai requisiti professionali per operare bene nel settore dell'efficienza energetica. 

Per il committente i benefici sono tanti: si vive molto meglio, si inquina meno, si rispetta l'ambiente, ma anche si risparmiano molti soldi, le bollette si riducono e infine non ci si perde tra le pieghe della burocrazia.

Tra i vari enti italiani che si occupano di efficienza energetica, l'Agenzia CasaClima della provincia autonoma di Bolzano, è senza dubbio la più qualificata e seria in questo ambito. 

Si occupa tra le altre cose di certificare come ente terzo e secondo standard ben più rigidi della normativa nazionale gli edifici, ma da anni si dedica anche alla formazione di questa nuova figura professionale. 

I consulenti energetici affrontano un percorso formativo molto articolato che li preparerà ad affrontare un esame finale nel quale dovranno progettare un immobile completo di tutti gli impianti, altamente efficiente dal punto di vista energetico e discutere il loro lavoro di fronte ad una commissione di due o tre persone interne all'agenzia. 

L'esame è difficile. E lo dimostra il fatto che quasi un terzo dei professionisti che si presentano, non riesce a superarlo al primo appello. 

I consulenti sono poi inseriti in un albo nazionale consultabile sul sito dell'agenzia Casaclima, dove figurano esperti e consulenti. Solamente questi ultimi sono dotati di un tesserino di riconoscimento e sono gli unici a poter far uso del logo dell'agenzia nelle loro presentazioni. 

Anche io ho avuto il piacere di fare questo percorso e posso confermare che il livello è molto alto. 

Il mio consiglio quindi è quello di rivolgervi a un consulente CasaClima per qualsiasi intervento di efficienza energetica vogliate realizzare e se siete tecnici, vi raccomando di prepararvi con l'agenzia CasaClima evitando altri corsi realizzati da società che poco hanno a che vedere con questo tema. 

Cari consulenti energetici, vi auguro buon lavoro. 

Per info e contatti:
Alessandro Grilli



lunedì 17 agosto 2015

Quarta parte di "Come parlare in pubblico con successo"

Nel quarto articolo della serie "Come parlare in pubblico con successo", voglio approfondire come vi avevo accennato, il valore della comunicazione non verbale e paraverbale in un public speaking di successo.

Abbiamo già visto, ma vale la pena ricordarlo brevemente, che quello che dite, le parole che usate, hanno un valore molto basso per i vostri interlocutori che fanno invece molto più caso alla comunicazione non verbale e paraverbale.

Ricordo inoltre che non sappiamo fare molte cose bene contemporaneamente quando parliamo ad un pubblico. Per cui il messaggio che vogliamo trasmettere lo dobbiamo conoscere molto bene per poterci così concentrare, sugli altri aspetti della nostra presentazione.

La comunicazione non verbale è costituita da tutti quei messaggi che passano, volontariamente o involontariamente, attraverso gesti, odori, espressioni, movimenti ecc.

Vi ricordo che la comunicazione non verbale influisce per il 55% sull'esito della vostra presentazione!

La differenza tra il successo e il fallimento della vostra presentazione sta spesso proprio nella differenza tra "volontario" e "involontario". Pensate a quanti malintesi possono crearsi per un gesto non compreso o per una postura sbagliata che irrigidisce il nostro interlocutore.

Quali sono i principali elementi della comunicazione non verbale che possono influire su come parlate in pubblico?
Vediamoli:

  1. Lo sguardo: durata, intensità, movimento degli occhi, dilatazione delle palpebre influiscono molto. Per esempio le persone più sicure di se stesse e i leader tendono a guardare per meno tempo, ma sono gli ultimi a distogliere lo sguardo. Dovete quindi imparare a fare dei vostri occhi uno strumento importante di comunicazione che operi coerentemente con quanto vorrete comunicare. 
  2. I gesti: riguardano in particolar modo la testa, le mani, le gambe e la postura. Non c'è tempo qui per analizzarli tutti, ma è ovvio che se le mani non sono curate o avete un bell'anello d'oro e gesticolate, l'attenzione dei vostri interlocutori andrà su quel dettaglio. Se state a braccia conserte e gambe incrociate, non comunicherete certo apertura al vostro pubblico. 
  3. La postura: se ve ne starete tutti rannicchiati su voi stessi, non otterrete certo la stima di chi vi ascolta e non ispirerete fiducia. State comodi prima di tutto, ma cercate di trasmettere una certa sicurezza. Anche la distanza è importante: non entrate nello spazio intimo del vostro interlocutore, ma tenetevi a una distanza personale (80/120 cm). Se siete a una conferenza e quindi molto distanti, ingegnatevi per ridurre anche solo virtualmente questo spazio. 
  4. Contatto corporeo: la distanza si abolisce. In un discorso ad una platea il contatto è praticamente impossibile a meno che, tatticamente non prendiate qualcuno dal pubblico, mentre diverso è in una riunione con poche persone. Ad ogni modo è un elemento che deve essere molto ponderato, perché non a tutti piace essere toccati. Se usato con le persone giuste e nel momento giusto, può essere un elemento molto forte, ma in caso contrario, potreste fare una pessima figura. Va sempre usato comunque con moderazione e il mio consiglio è che lo usiate solo se siete molto esperti di public speaking
  5. Abbigliamento: quando parlate con qualcuno, se ci fate caso, c'è un momento nel quale, magari approfittando di una vostra distrazione, il vostro interlocutore vi squadra dalla testa ai piedi. In un batter d'occhio sa tutto di voi. O almeno crede. L'abito non fa il monaco per carità, ma per la prima impressione non è quello che conta. Vestiti, scarpe, accessori, unghie, anelli, bracciali, acconciatura, barba, denti, alito...fate un po' voi. 

Ora passiamo alla comunicazione paraverbale, ovvero che va oltre le parole. Vi ricordo che questo tipo di comunicazione contribuisce per il 35% al successo della vostra presentazione. 

Per comunicazione paraverbale si intende il tono, la velocità, le pause e i volumi. 

  1. Toni: danno molto colore alla vostra presentazione. In positivo o in negativo. Il problema è che dipendono direttamente dal vostro stato d'animo: se quando parlate sarete sereni e tranquilli lo comunicherete con il tono. Se sarete in ansia e preoccupati succederà lo stesso. Vedete quindi quanto è importante arrivare ben preparati almeno sugli argomenti del vostro discorso. 
  2. Velocità e pause: le possibilità sono infinite. E' un'aspetto della comunicazione paraverbale che potete controllare molto bene se vi esercitate. Lo scopo: tenere alta l'attenzione del pubblico. 
  3. Volume: anche il volume può essere controllato. L'errore da non fare è quello di usare lo stesso volume per un public speaking come se stesse parlando a un vostro amico faccia a faccia. Non urlate. Ma assicuratevi che tutti vi sentano bene! La modulazione del volume serve anche lei per mantenere alta l'attenzione.
Nel prossimo articolo, vedremo l'importanza di saper ascoltare e come gestire le critiche che vi arrivano. 

Buon lavoro a tutti!



Per informazioni e contatti
Alessandro Grilli 




sabato 15 agosto 2015

Informare e vendere nel Green Marketing

Leggendo qua e là, informandomi e cercando di mantenere sempre un approccio critico, mi è venuto un dubbio che per chi fa il mio lavoro, quello di consulente in Green Marketing, non è da poco conto. 

Il dubbio amletico è questo: quale prodotto può essere definito veramente Green?

Dopo un po' la risposta è stata che l'unico prodotto green al 100%, ovvero con 0 impatto sull'ambiente non esiste. 

Un prodotto a KM 0 per esempio, pur se migliore di tanti altri, ha pur sempre un peso che scarica sull'ambiente: in termini di acqua consumata per la produzione, di carburante per il trasporto ecc. 

Quindi il concetto di Green applicato ad un prodotto è relativo, nel senso che sempre dipende da chi ne fa uso, dove, quando ed è sempre un valore che acquisisce senso in funzione di altro. 

Mi spiego: se compro un prodotto biologico che arriva dall'altra parte del mondo, probabilmente sarebbe meglio consumare lo stesso prodotto, fatto con sistemi produttivi tradizionali, che arriva però da un'azienda molto vicina a dove abito. 

Lo stesso potrebbe dirsi, riprendendo un esempio fatto da Jacquie Ottmann, dei pannolli in stoffa riutilizzabili. 
Non generano scarti da discarica, ma il processo produttivo e l'uso prevede il consumo di grandissime quantità di acqua.
Chiaramente se mi trovo in una zona ricca di acqua, questo problema non si porrebbe. Ma se questo avvenisse in una zona del Sud Italia dove l'acqua tutt'oggi è razionata nei periodi estivi, allora il dubbio su cosa sia meglio tra pannolini riutilizzabili e scartabili, sarebbe più che lecito. 

Sarà la ricerca scientifica ed in particolar modo quella inerente l'economia ambientale a dare una soluzione a una questione del genere anche perchè è facilmente comprensibile che questo dilemma si applica a TUTTO ciò che ci circonda. 

Intanto a conclusione di questa breve riflessione, direi che uno dei compiti più importanti che il Green Marketing deve far proprio, è quello di contribuire attivamente alla formazione di un pubblico qualificato, consapevole e critico

Un consumismo Green è probabilmente più auspicabile di quello che ha caratterizzato le nostre società negli ultimi 50 anni, ma sempre consumismo è. 

Il green marketing, come già abbiamo visto in precedenza in un altro post, ha la doppia missione commerciale e socio-culturale. 
Le due sono inscindibili. 
Dimenticarsene, sarebbe commettere un grande errore. 

Buon lavoro a tutti. 


Per info e contatti: 
Alessandro Grilli 

giovedì 13 agosto 2015

Terza parte di "Come parlare in pubblico con successo"

Come promesso qualche giorno fa, oggi pubblico il terzo articolo della serie "Come parlare in pubblico con successo". 
Per il primo vi rimando al link che segue: Come parlare in pubblico con successo oppure potete cercarli tutti digitando Public Speaking nel motore di ricerca del blog. 

Come vi accennavo in questo articolo proverò a spiegarvi come ci si allena per diventare dei bravi oratori e ottenere i risultati desiderati

Se seguite questo blog avrete capito che non sono un culture dell'improvvisazione e nemmeno credo troppo al solo estro naturale. Per cui per me riuscire in qualcosa è soprattutto una questione di esercizio, tentativi, errori e perfezionamento. 

Certo poi non a tutti riesce in modo spettacolare tutto, ma questo non vuol dire che una persona non possa riuscire bene in quello che si prefigge. 
Lo stesso vale chiaramente anche per la capacità di parlare in pubblico. 

L'atto di parlare in pubblico è composto da tre elementi che interagiscono continuamente e che richiedono tutti la nostra massima attenzione. 
Questi sono: 

  • I contenuti, ovvero gli argomenti che devo affrontare nel mio discorso
  • La comunicazione, sia essa verbale o paraverbale (Gesti, voce ecc)
  • Il feedback, ovvero la reazione in tempo reale del pubblico a quello che sto dicendo
C'è un problema: non siamo in grado di fare le tre cose bene contemporaneamente. Dobbiamo quindi imparare ad alleggerire il carico per il nostro cervello e come forse avrete capito, c'è solo uno dei tre fattori che può essere preparato prima. 
Sto parlando chiaramente dei contenuti e dell'obiettivo della mia presentazione. 

Solo dominando in modo quasi automatico questo elemento, potrò allora concentrarmi sugli altri due durante la presentazione.
Difatti non potrei modulare il tono e il volume della voce per cercare di dare una svegliata al pubblico che vedo molto distratto, se in quel momento sarà tutto concentrato su quello che devo dire. 

L'unica soluzione possibile è quindi quella di memorizzare i contenuti della mia presentazione. ATTENZIONE: non ho detto memorizzare la presentazione. Penso vi rendiate conto che se andate a ripetere a memoria un discorso, non vi faranno nemmeno finire! 

Dico di provare più e più volte in casa la presentazione ripetendola ad alta voce, facendo finta di porre delle domande e dandosi delle risposte, variando gli argomenti, scovando ogni volta nuovi collegamenti. 

Detto in altri termini dobbiamo portare la gestione dei contenuti a livello del subconscio. Come quando andiamo in bicicletta e non ci preoccupiamo di come si va. Andiamo e basta. 

In questo modo siamo quindi in grado di gestire al meglio la comunicazione e di controllare i feedback. 

E' quindi importante lo stile con il quale parlate in pubblico. Uno stile che deve essere il vostro, studiato nei minimi dettagli, ma naturale. Non potrete cioè copiare quello di nessun altro. 

Forse non sapete un dato che potrebbe aprirvi gli occhi e cambiare per sempre le vostre future presentazioni: l'efficacia della vostra presentazione dipende solo per il 7% dalla comunicazione verbale, ovvero da cosa dite e dalle parole che usate. 
Per il 38% dipende invece dalla comunicazione paraverbale, ovvero dal tono di voce che utilizzate e per il restante 55% dalla comunicazione non verbale, ovvero dai gesti e dalle espressioni che fate. 

Quindi, per concludere, quanto più trascurerete i segnali che mandate attraverso la voce e i gesti, quanto più quest'ultimi saranno gli elementi che definiranno l'esito della vostra presentazione. 
Al contrario, quanto più li curerete non lasciando nulla al caso e quindi quanto più sarete tranquilli sul piano dei contenuti, allora crescerà il peso che il vostro pubblico darà a quello che avrete da dire. 

Nel prossimo appuntamento con la serie "Come parlare in pubblico con successo" approfondiremo meglio la gestione efficace della comunicazione non verbale e paraverbale. 

Intanto, auguro buon lavoro a tutti voi. 





Per info e contatti: 
Alessandro Grilli 

martedì 11 agosto 2015

A me i cartelloni pubblicitari neanche piacciono!

Vi sarà capitato anche a voi di fare una bella passeggiata in campagna e di ritrovarvi di fronte ad una massa scolorita, illeggibile e assolutamente brutta di cartelloni che sembrano fare a lotta per essere visti. 

Uno spettacolo veramente deplorevole. 

In città si nota meno forse perché tra palazzi e insegne dei negozi, bruttura in più, bruttura in meno, non ci si fa poi tanto caso (Ma allora a che servono se non ci si fa caso?)

Ora io dico: basta guardarsi intorno per rendersi conto che siamo tutti chini sui nostri tablet e smartphone per capire che i cartelloni pubblicitari, in campagna ed in città sono OBSOLETI. 

Non solo sono brutti, lo ripeto, ma poi non possono minimamente competere con le campagne personalizzate e geolocalizzate dei nuovi mezzi del personal marketing. 
Certo l'Italia è un paese anziano lo sappiamo per cui una fetta di popolazione ancora non ha dimistichezza con le diavolerie tecnologiche che hanno invaso le nostre vite, ma direi che queste persone sono anche quelle che ci vedono meno bene. 
Per cui continuo a non capire il senso dei cartelloni pubblicitari. 

Non a caso in Francia, da pochi giorni, è stata approvata una legge che proibisce l'uso di insegne pubblicitarie a livello paesaggistico. 
Insomma si cerca di restituire almeno al paesaggio il rispetto che merita. 
I nostri cugini francesi autorizzeranno solamente cartelloni che promuovono prodotti locali, luoghi di interesse storico turistico, ed eventi culturali. La pena per i trasgressori sarà una sanzione di 7.500 euro. Mica male. 

Ora, per tornare più propriamente al tema di questo blog, quindi al Green Marketing che ci piace tanto vi dico: cari green marketer, 

NON FATE CAMPAGNE PUBBLICITARIE USANDO I CARTELLONI STRADALI. 

Perché le aziende per le quali lavorerete non dovranno contribuire a rovinare il paesaggio circostante, perché non potete sprecare grandi quantità di carta per dire quello che potete dire tranquillamente in diverso modo e infine perché esistono oggi mezzi molto più efficienti ed efficaci, che costano molto meno e rendono di più. 

Prima di lasciarvi vi lascio con una immagine che vi dovrebbe far capire la scarsa lungimiranza dei nostri amministratori, dei responsabili marketing e pubblicità di alcune aziende e delle agenzie che troppo spesso, sembrano non capirci proprio niente. 

"Sì ma abbiamo avuto una visibilità mondiale a un costo relativo molto basso!!" Diranno loro leggendo questo post...


"Tante persone che pensano che avete fatto una bella cavolata, non è mica una buona pubblicità" Rispondo io...

Buon lavoro a tutti! 


Per info e contatti:
Alessandro Grilli

domenica 9 agosto 2015

Seconda parte di "Come parlare in pubblico con successo"

Ecco il secondo articolo della serie "Come parlare in pubblico con successo"
Per il primo vi rimando al link che segue: Come parlare in pubblico con successo

Come vi accennavo in questo articolo proverò a spiegarvi come ci si prepara bene al momento in cui si dovrà parlare in pubblico con successo. 

Diciamo subito che l'efficacia e la qualità del discorso che farete in pubblico è direttamente proporzionale alla vostra preparazione. Niente improvvisazioni quindi. Ogni aspetto del votro discorso dovrà essere studiato previamente e preparato nei minimi dettagli.

Prepararsi bene non significa chiedersi: Che cosa voglio dire? E chiaramente non significa, una volta data una risposta a questa domanda, dire tutto così come ci viene. 

Sfortunatamente come affermava Oscar Wilde "Non c'è mai una seconda occasione per fare una buona impressione la prima volta..."

Le domande che mi devo fare, per preparami bene al mio discorso pubblico (Ripeto che può trattarsi anche di una riunione con una o due persone) sono diverse e sarà giusto farsele nell'ordine che vi indico: 

Qual'è il vero obiettivo della mia presentazione? 
Voglio vendere, voglio convincere, voglio istruire sono alternative che comportano un approccio molto differente. 

Cosa voglio comunicare? 
Ovvero quali sono i messaggi che voglio che i miei interlocutori comprendano e facciano propri? 

Chi sono i miei interlocutori e cosa otterranno dalla mia presentazione? 
Ogni persona o tipo di pubblico che abbiamo davanti ha pretese ed esigenze molto differenti. Non sarà la stessa cosa parlare al direttore generale di un'azienda, al board di una società finanziaria, a un gruppo di ingegneri o a una riunione di massaie. Se non so chi ho davanti e non mi preoccupo di sapere cosa queste persone otterranno ascoltandomi, è molto improbabile che riuscirò a fare colpo. 

Chi sono io per loro? 
Quali sono i rapporti di potere che intercorrono tra noi? Già mi conoscono? Oppure è la prima volta che mi vedono? Perché se il caso è quest'ultimo allora dovrò badar bene alla primissima impressione che farò. 

Qual'è il contesto nel quale parlerò? 
In una sala conferenze, in una sala riunioni o in un ristorante per esempio?
Devo sapere dove, per quanto tempo, a quante persone e con quali mezzi parlerò ai miei interlocutori.

Solo dopo aver risposto in modo esauriente a tutte queste domande, potrò allora farmi la domanda: che cosa voglio/devo dire? 

La nostra mente ha la capacità di attrezzarsi in funzione di come impostiamo il problema e lo fa fornendoci i migliori strumenti per affrontarlo. 
Dobbiamo quindi procedere al contrario di come ci verrebbe spontaneo fare normalmente. 
Piuttosto che concentrarci sul messaggio che vogliamo comunicare, dobbiamo farlo sull'obiettivo del nostro discorso. 

Cosa vogliamo ottenere, in sintesi, dalle persone che mi ascoltano? 
Il risultato non può essere semplicemente che stiano lì a sentirci, ma che si interessino per quello che abbiamo da dire, che lo ricordino e che infine agiscano di conseguenza. 

Mettendoci nei panni degli altri, ci prepareremo per dire loro quello di cui hanno bisogno, ma soprattutto ci prepareremo anche alle obiezioni e ai dubbi che potrebbero presentarci. 
Dobbiamo essere gli avvocati del diavolo di noi stessi. 

Nel prossimo articolo parleremo di come ci si allena per diventare dei bravi oratori e ottenere i risultati desiderati. 

Come sempre, non mi resta che augurarvi buon lavoro. 


Per info e contatti: 
Alessandro Grilli 


venerdì 7 agosto 2015

La storia delle cose (The story of Stuff)

Annie Leonard ci spiega qual'è il problema della continua corsa al consumismo che ha purtroppo un enorme impatto nella vita quotidiana di tantissime persone, ma la maggior parte di questo ciclo,volutamente, viene tenuto nascosto alla nostra vista.

Annie Leonard, (Seattle, 1964), è una attivista statunitense, autrice del film online, La storia delle cose, un documentario che mostra i costi sociali ed ambientali del nostro sistema di produzione e consumo.

Il film è diventato un fenomeno di internet, ha generato oltre 12 milioni di spettatori in oltre 200 nazioni dalla sua data di lancio nel 2007.







Annie ha passato quasi 20 anni investigando e analizzando questioni di carattere ambientale e giuridico. Ha viaggiato in 40 nazioni, visitato centinaia di fabbriche dove i nostri oggetti sono prodotti e le discariche dove vengono buttati. 

Testimoniando per prima l'impatto sia del sovraconsumo che del sottoconsumo, Annie si è dedicata fieramente alla bonifica e alla trasformazione del nostro sistema economico ed industriale affinché servissero, piuttosto che indebolire, la sostenibilità ecologica e la equità sociale.
Annie è attualmente la direttrice del progetto "La storia delle cose" . Prima di questo, più recentemente, Annie ha coordinato il gruppo dei Finanziatori per La Produzione ed Il Consumo Sostenibile, che cercano di affrontare gli impatti nascosti sull'ambiente e il sociale dell'attuale sistema consumistico basato sul fare, usare e gettare oggetti durante tutto l'arco della vita.
Ha lavorato per Greenpeace International; Essential Action; Multinational Monitor magazine; Global Greengrants Fund; GAIA (Global Anti-Incinerator Alliance); Health Care Without Harm; The Funders Workgroup for Sustainable Production and Consumption. (Tratto da Wikipedia Italia)
Brava Annie. Continua così! :) 

Per info e contatti:
Alessandro Grilli